Dialoghi delle Carmelitane

Georges Bernanos

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Il conflitto tra religione e politica
Il testo di Bernanos prende avvio da un dato storico: il 15 dicembre 1789 l’Assemblea Nazionale vietò a tutti gli ordini religiosi di pronunciare nuovi voti e molti conventi furono fatti sfollare. Questa sorte toccò anche alle carmelitane di Compiègne, piccolo borgo a nord est di Parigi, le quali nel 1792 furono obbligate ad andarsene dal convento e smettere gli abiti da religiose. Ma dato che il loro proponimento era quello di “vivere e morire da carmelitane”, si risolsero di continuare ad incontrarsi per pregare in comune, nonostante ciò fosse vietato. Così, divise in tre gruppi e alloggiate in abitazioni tra loro vicine, si trovavano quotidianamente per pregare di nascosto. Nel giugno del 1794 le carmelitane furono scoperte e arrestate «per aver tenuto conciliaboli antirivoluzionari, mantenuto corrispondenze fanatiche e conservato scritti liberticidi». Giunte davanti al tribunale rivoluzionario, la Madre Superiora cercò di addossarsi tutte le colpe, ma il suo tentativo fu vano. Dal tribunale furono subito fatte salire su un carro che le avrebbe condotte al patibolo.
La riflessione di Bernanos guarda ai grandi temi dell’esistenza: la paura, la libertà, la morte, piuttosto che, come spesso viene registrato, il conflitto tra la religione e la politica. La Rivoluzione francese, per paradosso, diventa simbolo di trasformazione, piuttosto che esclusivamente un evento storico. Bernanos ci apre al dramma dell’uomo di fronte alla propria morte e nascita. E la sua paura. E il processo di liberazione dai sentimenti di paura incarnato da un personaggio, quello di Bianca de La Force. In questa figura, «l’incarnazione dell’angoscia umana posta di fronte a un’era che stava avanzando inesorabilmente verso la sua fine», si potrebbe vedere l’innocenza minacciata. Per lei la Passione, pur con diversi gradi di consapevolezza, è itinerario di tutti. Suor Bianca ci lascia con un impegno importante: «la preghiera è un dovere, il martirio una ricompensa. […] Non si muore mai ciascuno per sé, ma gli uni per gli altri, ed anche gli uni al posto degli altri».

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